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Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri, pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, (c.f. 80224030587, fax 06/96514000 e PEC ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it) presso i cui uffici in Roma alla via dei Portoghesi n. 12 e' domiciliato ex lege; Contro la Regione Umbria, in persona del suo Presidente p.t. per la Declaratoria della illegittimita' costituzionale della Legge della Regione Umbria 7.11.2014 n. 19, pubblicata nel BUR n. 52 del 12/11/2014, recante «Disposizioni in materia di valorizzazione e promozione delle discipline bionaturali» relativamente agli artt. 2 comma 1 e 5 comma 1, come da delibera del Consiglio dei ministri in data 24.12.2014, per violazione dell'art. 117 comma 3 Cost. Fatto In data 12 novembre 2014, sul n. 52 del BUR, e' stata pubblicata la Legge della Regione Umbria recante «Disposizioni in materia di valorizzazione e promozione delle discipline bionaturali». La legge, che si pone come obiettivo quello di valorizzare le discipline bionaturali favorendo il coordinamento tra i relativi operatori e promuovendo la qualificazione dell'offerta dei servizi, non individua puntualmente le pratiche cui si riferisce, demandando tale compito alla Giunta regionale, ma le caratterizza con una generica finalita' di «mantenimento e recupero dello stato di benessere della persona per il miglioramento della qualita' della sua vita», stabilisce la loro funzione intesa «a stimolare le risorse vitali dell'individuo con metodi ed elementi naturali» ponendo un criterio di valutazione dell'efficacia ricavabile dalla verifica nei contesti culturali e geografici in cui le discipline sono sorte e si sono sviluppate ed infine le qualifica con un connotato negativo: l'esclusione del carattere di prestazione sanitaria. Nel breve articolato di cui consta, la Legge regionale prevede la costituzione di «Reti del benessere» tra gli operatori, l'istituzione di un elenco dei soggetti che offrono formazione nelle suddette discipline, l'istituzione di un apposito Comitato Tecnico per la valorizzazione delle stesse, composto da un assessore regionale, due dirigenti della struttura regionale, un rappresentante dei consumatori ed uno degli enti di formazione per operatori. All'art. 5, in particolare, la legge che qui si impugna dispone l'istituzione dell'«elenco regionale ricognitivo degli operatori in discipline bionaturali». Con la delibera in epigrafe indicata il Consiglio dei ministri ha assunto la determinazione di impugnare dinanzi a codesta Corte tale legge, sulla base di una relazione del Ministro per gli affari regionali (che si produce) in cui vengono rilevate le criticita' esistenti nell'art. 2 comma 1 e nell'art. 5 comma 1, in relazione alla previsione dell'art. 117 comma 3 della Costituzione per la parte in cui attribuisce alla competenza concorrente di Stato e Regione, tra le altre, le materie «professioni» e «tutela della salute». Diritto La questione e' stata gia' affrontata diverse volte da codesta Corte, almeno a partire dalla sentenza 12.12.2003 n. 353, che verteva sulla legge Regione Piemonte n. 25/2002 relativa alle pratiche terapeutiche delle «discipline non convenzionali» quali l'agopuntura, la fitoterapia, l'omeopatia, la omotossicologia, e la sentenza 8.2.2006 n. 40 riguardante l'impugnativa della Legge della Regione Liguria n. 18/2004 contenente norme sulle «discipline bionaturali per il benessere». Come gia' avvenuto nei ricordati precedenti, anche qui si deve denunciare l'illegittimita' del riconoscimento «regionale» di professioni aventi ad oggetto l'esercizio di pratiche terapeutiche non ancora istituite dalle norme statali, alle quali ultime esclusivamente compete la previa formulazione dei principi generali in materia, senza i quali le Regioni non possono emanare norme aventi ad oggetto la disciplina di tali pratiche attraverso l'istituzione di un registro, un albo od un elenco e la regolamentazione dei requisiti per la relativa iscrizione nonche' di figure di operatori professionali non ancora individuate dal legislatore statale, ricordando che l'art. 6 comma 3 del decreto legislativo n. 502/92 e l'art. 1 comma 2 della legge n. 42/1999 hanno riservato allo Stato l'individuazione delle figure professionali sanitarie, e, come ritenuto da codesta Corte, nella cit. sent. 353/2003, dopo l'entrata in vigore del nuovo Titolo V della Costituzione «la disciplina de qua e' da ricondurre nell'ambito della competenza concorrente in materia di professioni» e deve rispettare il principio secondo cui «l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili ed ordinamenti didattici» deve essere riservata allo Stato. Inoltre l'art.1 della legge 5.6.2003 n. 131 al comma 3 prevede che: «Nelle materie appartenenti alla legislazione concorrente, le Regioni esercitano la potesta' legislativa nell'ambito dei principi fondamentali espressamente determinati dallo Stato». Non varrebbe obiettare che nella Legge della Regione Umbria qui impugnata si ha cura di precisare che le pratiche bionaturali non hanno carattere di prestazione sanitaria, in primo luogo poiche' comunque si tratta di «professioni» la cui disciplina generale e' devoluta allo Stato anche se non si tratti di materia sanitaria (cfr. sent. 355/2005) ed inoltre perche' non basta una qualificazione formale negativa per escludere la reale natura delle prestazioni di cui trattasi, soprattutto quando si omette di specificarle, lasciando alla Giunta regionale il compito di individuare le relative pratiche con un'ampiezza discrezionale tale da consentire qualunque scelta, potenzialmente anche idonea a sottrarsi alla verifica del giudice delle leggi. D'altra parte le finalita' evidenziate nell'art. 2 come «il mantenimento o il recupero dello stato di benessere della persona per il miglioramento delle qualita' della sua vita» «con metodi ed elementi naturali» gia' verificati in altri contesti culturali e geografici non lasciano spazio a dubbi sulla natura sanitaria delle pratiche in questione, in relazione alla nota evoluzione verso forme di medicina naturale che si va diffondendo in ampie fasce della popolazione e negli stessi ambienti medici. Se cosi' non fosse peraltro assai grave sarebbe il rischio che le norme in bianco contenute nella legge impugnata lascino spazio ad attivita' curative prive di garanzie per la loro efficacia e persino per la loro non lesivita', con gravi conseguenze per la tutela della salute pubblica il cui controllo sarebbe totalmente sottratto alla normativa statale. Peraltro codesta Corte ha valorizzato come sintomo di individuazione di nuove figure professionali proprio quella descrizione indeterminata di compiti assegnati agli operatori di discipline bionaturali per il benessere compendiati nell'espressione assai simile, contenuta nella Legge Reg. Liguria n. 6//2006, che faceva menzione di attivita' che concorrono «a prevenire gli stati di disagio fisici e psichici stimolando le risorse vitali proprie di ciascuno individuo» e nella Legge Reg. Veneto n. 19/2006 che si riferiva all'azione degli operatori «per la piena e consapevole assunzione di responsabilita' di ciascun individuo in relazione al proprio stile di vita e per stimolare le risorse vitali della persona intesa come entita' globale od indivisibile, attraverso metodi ed elementi naturali la cui efficacia sia stata verificata». (sent. 300/2007). Si tratta in sostanza di una terminologia il cui significato reale e' gia' stato chiarito e la cui reiterazione in leggi successive assume carattere di riproposizione di normative la cui legittimita' e' gia' stata negata. Sotto altro profilo giova ricordare come codesta Corte abbia anche respinto la possibilita' di far rientrare disciplina analoga alla presente nell'ambito della formazione professionale «sia per un motivo di consequenzialita', per cui anche le attivita' di formazione non possono che accedere ad ambiti professionali gia' riconosciuti con l'osservanza, sia da parte dello Stato sia che delle Regioni, dei rispettivi piani di competenza» (sent. 300/2007) sia rilevando che in materia di discipline naturali dai principi fondamentali ricavabili dalla legislazione statale «non si trae alcuno spunto che possa consentire iniziative legislative regionali» (sent. 424/2005). Nonostante il tempo trascorso non risulta che alcunche' sia mutato in questo ambito nella normativa statale, sicche' permane vincolante il principio secondo cui l'individuazione di figure professionali e l'istituzione di nuovi albi e' riservata allo Stato, principio che si configura, al di la' della particolare attuazione ad opera di singoli precetti normativi, quale limite di ordine generale invalicabile da parte della legge regionale (cfr. sent. 424 e 319/2005 nonche' 40/2006).